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paolo

La più piccola e la più grande.

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La più piccola e la più grande.

Domanda: quanto pesa una cavia adulta?

Una rapida occhiata ai nostri porcelli domestici e risponderemo sicuramente; un chilogrammo, forse più!

In realtà, in natura la variabilità dimensionale è molto elevata: si passa dalle poche centinaia di grammi del genere Microcavia fino a superare la diecina di chilogrammi della cavia della Patagonia (genere Dolichotis).

La cavia più piccola.

La  cavia più piccola è Microcavia, circa 22 centimetri di lunghezza per 300 grammi di peso. Vive in ambienti semiaridi con risorse alimentari estremamente ridotte e, nonostante ciò, instaura dei rapporti amichevoli con tutti i suoi simili, vivendo in gruppi organizzati gerarchicamente.

Animale con abitudini diurne, in assenza di piante erbacee è in grado di arrampicarsi su cespugli e arbusti per cibarsi di foglie e frutta.

Sono anche dette "cavie di montagna" o "cavie del deserto".

Il genere Microcavia comprende tre specie: Microcavia australis, Microcavia niata e Microcavia shiptoni, che vivono dalle Ande boliviane ai deserti argentini.

Il nome locale delle cavie è "cuis" pertanto la Microcavia è spesso indicata come "cuis chico".

Immagini da: commons.wikimedia.org e foto-naturaleza.com.ar

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Modificato da paolo
aggiornamento

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In questo periodo si è parlato molto di pesi; inoltre l'amica Francesca ha postato un bell'approfondimento sulle "razze" di cavia.  :rotfl:

Ricordando di avere raccolto certi appunti, e un po' invidioso del bel lavoro di Franci,  :rotfl: ho prodotto questa curiosità sulle cavie, che spero vi possa piacere.

:rotfl:

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La cavia più grande.

All'altro estremo dimensionale troviamo il genere Dolichotis, che comprende roditori diurni che vivono nella parte australe dell'America del Sud, dove sono noti come marà.

Vi sono due specie di marà: il marà del Chaco (Dolichotis salinicola) e il marà della Patagonia, (Dolichotis patagonum), più grande e che arriva a pesare anche 16 chilogrammi.

Il marà della Patagonia vive dai confini della Terra del Fuoco fino alle province centrali dell'Argentina; il marà del Chaco invece è una specie limitata alle steppe saline dell'Argentina nord-orientale.

La cavia della Patagonia, o lepre della Patagonia, è un buon corridore e saltatore, perfettamente adattato alla vita nelle savane e nelle pampas erbose. Vive in branchi fino a quaranta esemplari.

Animale erbivoro, passa la maggior parte della giornata a brucare e a rosicchiare fusti. Ama molto i bagni di sole e fare la siesta disteso davanti alla sua tana. 

Perfettamente adatti a un ambiente difficile, i marà sono probabilmente i più grandi mammiferi in grado di vivere senza bere. Non si capisce bene come possano riuscirvi, probabilmente trovano liquido a sufficienza nei semi e nei vegetali di cui si nutrono, e sono capaci di rimettere in ciclo parecchie volte l'acqua corporea, urinando pochissimo.

Riferimento web: http://it.wikipedia.org

Immagini da: dkimages.com e aicas.org

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Una cavia da record.

Ma il record del più grande in assoluto appartiene a quella cavia, estinta, che è stata anche il più grande roditore mai esistito: Phoberomys pattersoni.

Si, esatto, ricordate bene: ne avevamo accennato in "Breve storia della cavia".

Alcuni scheletri abbastanza completi di questo colosso sono stati rinvenuti in Venezuela, in strati risalenti al Miocene (da 24 a 5 milioni di anni fa), ed è stato calcolato che avesse un peso di circa 700 kg (più o meno come un bufalo o un rinoceronte). Lo studio particolareggiato di questo fossile è apparso nel 2003 sulla rivista Science [1] e ha destato tanta meraviglia da meritarsi un editoriale nella rivista stessa, dal titolo molto esplicito: "Un roditore grande come un bufalo" [2].

[1] Sanchez-Villagra MR, Aguilera O, Horowitz I. The anatomy of the world's larger extinct rodent. Science 2003; 301: 1708-1710.

[2] Mc Neill Alexander R. A rodent as big as a buffalo. Science 2003; 301: 1678-1679.

Phoberomys era erbivoro, come gli altri roditori. Era un animale parzialmente acquatico o che cercava il cibo vicino all'acqua. Gli effetti della dieta erbivora sono chiaramente evidenti dai segni dell'abrasione dei denti.

La domanda che immediatamente ci sovviene è: perchè questo straordinario roditore ha così largamente superato il formato delle altre specie? E con quali benefici e svantaggi?

Le grandi dimensioni possono essere un vantaggio per animali che si nutrono di vegetali ad alto contenuto di cellulosa, come erba e foglie. Infatti, gli enzimi digestivi dei mammiferi non possono demolire la cellulosa; per estrarne l'energia i mammiferi dipendono da microrganismi che la fermentano, producendo acidi grassi che l'animale può utilizzare. E' probabile che la capacità dei batteri di fermentare la cellulosa sia proporzionale al volume dell'intestino, e quindi alla massa corporea. Perciò i grandi erbivori (come gli elefanti) sono più capaci di quelli piccoli ad estrarre l'energia necessaria da vegetali di bassa qualità.

Passando agli svantaggi. La stragrande maggioranza dei roditori è di piccole dimensioni. Di fronte ai predatori scappano più velocemente rispetto ad animali grandi e trovando rifugio in tane da essi stessi scavate. Ovviamente per questo grande roditore la possibilità di rintanarsi era limitata e doveva fare affidamento solamente sulla corsa, cosa per la quale non era probabilmente molto ben attrezzato.

Immagini da: comfycavies.com e news.nationalgeographic.com

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Prendo spunto dal recente aggiornamento di Nemuriko () per dare qualche ulteriore info su quello che al momento è il più grande roditore estinto noto.

I roditori rappresentano l'ordine più numeroso tra i mammiferi, con circa il 40% delle specie. In generale i roditori hanno massa corporea inferiore a 1 kg, con poche eccezioni. Il più grande roditore vivente è il capibara (o carpincho) che pesa circa 60 kg.

Le specie fossili, invece, possono raggiungere pesi ragguardevoli con un massimo per Phoberomys pattersonii, stimato fino a 700 kg (vedi sopra).

Ma nel 2008 alcuni ricercatori hanno descritto un fossile gigante di roditore, Josephoartigasia monesi, rinvenuto sulla costa del Rio de la Plata in Uruguay e risalente a 2-4 milioni di anni fa.

J. monesi appartiene ai dinomidi, una famiglia di istricomorfi apparsa nell'Oligocene (circa 30 milioni di anni fa), che ebbero una spettacolare diffusione nell'America meridionale con numerose specie rinvenute in Argentina, Brasile, Uruguay, Venezuela, Bolivia e Colombia, dove occuparono differenti nicchie ecologiche e che oggi sono rappresentate dal solo pakarana, pesante circa 15 kg.

Il paleoambiente in cui J. monesi viveva era probabilmente la foce di un fiume circondata da foreste e conviveva con una fauna costituita da altri roditori giganti, tigri dai denti a sciabola, uccelli carnivori giganti, animali simili ai formichieri, capibara e diverse specie di ungulati.

Sulla base del cranio intatto, più grande di un terzo rispetto a quello di P. pattersonii, si è stimato un peso di circa 1000 kg.

Anche se altri autori hanno contestato questa valutazione rivedendola al ribasso, è pur sempre indubbio che la dimensione e il peso di questo antico roditore fosse veramente notevole.

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Ricostruzione della testa di Josephoartigasia monesi confrontata con l'attuale pakarana (da: Proc R Soc B 2008; 275: 923-928)

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