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La sintesi della vitamina C nei viventi: quando si acquisisce e perché si perde.

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L’acido ascorbico, o vitamina C, è una molecola antiossidante che gioca un ruolo fondamentale nella sintesi del collagene, nel metabolismo del ferro e nel funzionamento delle difese immunitarie; è quindi necessario che le specie incapaci di sintetizzare l’acido ascorbico, fra le quali l’uomo e il porcellino d’india, lo introducano attraverso la dieta.

La carenza acuta di acido ascorbico provoca un grave danno ossidativo che porta alla disintegrazione dei tessuti a tutti i livelli e un elevato rischio di sviluppare infezioni.

Nell’uomo i sintomi clinici dello scorbuto si manifestano dopo 3-5 mesi da quando si è instaurata la carenza; l’intervallo è uno stato di carenza subclinica, uno stato particolarmente comune nell’anziano. Nel porcellino d’india lo scorbuto si manifesta dopo circa tre settimane di dieta priva di vitamina, ma sappiamo che già il deficit subclinico crea un danno ossidativo in quasi tutti i tessuti nonostante la presenza di altri sistemi antiossidanti fisiologici.

Il danno ossidativo causato da un deficit di vitamina C è coinvolto nel processo d’invecchiamento e in malattie degenerative quali l’aterosclerosi e l’infarto miocardico. E’ quindi sorprendente che tante specie animali, quali alcuni primati (compreso l’uomo), il porcellino d’india, i pesci teleostei, i pipistrelli e certi uccelli passeriformi abbiano perso la capacità di sintetizzare la vitamina.

Nell’uomo e nel porcellino d’india il difetto è causato dall’assenza della L-gulonolattone ossidasi (GLO), l’enzima epatico che catalizza l’ultima tappa della biosintesi della vitamina C a partire dal glucosio, perché queste due specie possiedono un gene GLO altamente mutato e quindi inattivo.

Ma quando, nel corso dell’evoluzione, compare la necessità di produrre la vitamina C e, nel caso di alcune specie, quando si perde e perché?

La vitamina C è prodotta nei pesci più primitivi.

La vita appare spontaneamente 3,5-4 miliardi di anni fa grazie alle reazioni chimiche casuali innescate dalle radiazioni ionizzanti del sole che hanno determinato l’assemblaggio di aminoacidi, nucleotidi e altre sostanze chimiche necessarie alla vita, prodotte a partire da componenti semplici (quali metano, idrogeno, ammoniaca e acqua) presenti nel’atmosfera primitiva.

Non è ancora chiaro quando la capacità di sintetizzare la vitamina C apparve per la prima volta nel regno animale: sappiamo però che molti insetti e invertebrati non la producono, mentre è prodotta da tutte le piante fin qui studiate.

Il più antico vertebrato nel quale sia stata accertata la presenza della GLO e la produzione dell’acido ascorbico è la lampreda, appartenente al più antico gruppo di pesci, gli agnati, che compaiono 420 milioni d’anni fa. Oltre alle lamprede, altri pesci con caratteristiche primitive come gli squali, le razze e gli storioni possiedono l’attività GLO, come pure tutti gli altri pesci ad eccezione dell’ordine dei pesci teleostei; studi sulla trota arcobaleno e sulla carpa hanno consentito di accertare che la mutazione che ha impedito loro di sintetizzare l’acido ascorbico deve essere avvenuta poco dopo la divergenza dei teleostei dagli altri pesci, circa 200 milioni di anni fa. Esperimenti di trasferimento genico per ristabilire la biosintesi della vitamina C nella trota arcobaleno sono falliti: questo suggerisce che l’incapacità di sintesi della vitamina C nei pesci teleostei non dipende solo dall’inattività dell’enzima GLO.

La necessità di un efficiente sistema antiossidante.

L’evoluzione di piante e piccoli animali è avvenuta inizialmente negli oceani, dove l’acqua offriva qualche protezione agli effetti distruttivi delle radiazioni ultraviolette; solamente quando il livello di ossigeno atmosferico raggiunse il 10% circa, assorbendo così parte delle radiazioni solari, la vita poté emergere dagli oceani.

Il passaggio dei vertebrati dalla vita acquatica a quella terrestre inizia nel primo Devoniano (circa 400 milioni d’anni fa), quando i pesci Sarcopterigi usano le loro pinne lobate e carnose come delle zampe per affacciarsi alla superficie e fare i primi passi sulla terraferma, usando la vescica natatoria come un vero e proprio polmone. Da questi pesci evolveranno i primi vertebrati terrestri: gli anfibi.

Ma l’evoluzione dal mezzo acquatico all’atmosfera terrestre significò passare da una concentrazione di ossigeno nell’acqua dello 0,5% ad una atmosferica del 15-18%, che andò poi ad aumentare fino al 35% del Permiano, per scendere poi gradualmente all’attuale 21%.

I primi vertebrati terrestri furono quindi esposti a un drastico cambiamento della concentrazione ambientale di ossigeno, cosa che creò un problema acuto per l’adattamento della respirazione e la sopravvivenza sulla terraferma: l’ossigeno presente nell’aria è infatti un elemento estremamente tossico e reattivo (pensate ad un pezzo di ferro lasciato all’aria senza la dovuta protezione).

Per contribuire alla sopravvivenza delle specie era cruciale sviluppare valide difese antiossidanti, tra le quali uno dei più efficienti sistemi di protezione è l’acido ascorbico: quindi tutti gli anfibi e i successivi rettili possedevano GLO e producevano vitamina C.

Nonostante ciò, i livelli estremi di ossigeno raggiunti nel Permiano devono essere stati fatali per la maggior parte dei primi animali terrestri e potrebbero essere stati una delle cause di quella che fu considerata la più grande estinzione di massa di tutti i tempi, che non fu però una catastrofe improvvisa, ma fu distribuita nell’arco di milioni di anni. Solo quegli organismi che avevano acquisito un potente meccanismo difensivo contro la tossicità dell’ossigeno sopravvissero.

La concentrazione atmosferica di ossigeno inizia a calare tra la fine del Permiano e l’inizio del Giurassico e come conseguenza anche l’attività della GLO negli organismi diminuisce, infatti nei rettili è molto inferiore a quella degli anfibi, per diminuire ulteriormente nei mammiferi.

Proseguendo nel percorso dell’evoluzione scopriamo che un certo numero di uccelli, più precisamente usignoli, non sono in grado di sintetizzare la vitamina C, così come certi pipistrelli, particolarmente tra quelli che si nutrono di frutta.

Per quanto riguarda gli umani, la capacità di produrre l’acido ascorbico è stata persa circa 60 milioni di anni fa, subito dopo la divergenza degli antropoidei dalle proscimmie. Oltre che nell’Homo sapiens, GLO non è funzionale nelle scimmie platirrine (o scimmie del Nuovo Mondo).

Nella cavia o porcellino d’india GLO diventa inattiva 14 milioni di anni fa; l’enzima non si osserva nella cavia adulta e in nessuno stadio della vita fetale (in ratti e topi l’attività di GLO è presente già alla 18a giornata di gestazione). Trasferendo il gene GLO di ratto in cellule di cavia l’enzima viene prodotto, quindi nella cavia sono comunque conservati i meccanismi necessari per l’efficiente sintesi enzimatica.

Come si è persa GLO?

Sono state formulate diverse teorie nel tentativo di spiegare perché nei lontani progenitori dell’uomo il gene GLO sia stato inattivato.

E’ possibile che il meccanismo biochimico coinvolto nella produzione dell’ascorbato fosse diventato metabolicamente gravoso per quei primati che vivevano nella giungla consumando abbondante cibo ricco in vitamina, per i quali il difetto risultava irrilevante.

Ma per sviluppare la sua cultura l’Homo sapiens dovette emergere dalla boscaglia sacrificando l’opportunità di consumare una dieta ricca di ascorbato. In realtà nessun reale vantaggio fisiologico sembra associato con la perdita di GLO: Homo sapiens aveva abbastanza ascorbato per sopravvivere e riprodursi, ma non abbastanza per assicurare salute e durata di vita ottimali; gli svantaggi della perdita dell’enzima erano infatti numerosi, inclusa la dipendenza da cibi contenenti ascorbato e il rischio di sviluppare malattie degenerative e infettive.

E’ possibile che il gene GLO sia stato mutato da un virus, nello specifico un retrovirus, forse endogeno; sappiamo che la transcriptasi inversa, un enzima in grado di sintetizzare DNA, è stata un mediatore di modificazioni genetiche per più di tre miliardi di anni e che i retrovirus hanno influenzato l’evoluzione delle scimmie del Vecchio Mondo e degli ominidi.

A favore della inattivazione ad opera di retrovirus c’è il reperto di numerosi elementi “Alu” nella sequenza del gene GLO mutato umano: gli “Alu” sono tratti ripetitivi di DNA che richiedono la presenza di retrovirus per essere replicati e inseriti nel genoma cellulare e sono tipicamente presenti nel genoma dei primati, ma non in quello degli altri mammiferi.

Alternativamente, si ipotizza che questo antico difetto genetico sia causato dal danneggiamento del DNA ad opera di radicali liberi, forse in seguito all’esposizione a intense radiazioni solari o a un’esplosione di raggi gamma.

Quali vantaggi?

Considerata l’importanza della vitamina C, è sorprendente che l’incapacità di sintetizzarla appaia così frequentemente nel mondo animale; le specie deficitarie devono consumare una sufficiente quantità di vitamina solo per sopravvivere, quindi quale può essere l’aspetto positivo di questa perdita?

Un’ipotesi ripetutamente avanzata è che la perdita della capacità di sintetizzare la vitamina C liberi risorse cellulari per altre reazioni metaboliche; questo può andare bene per le specie senza GLO che vivono in un habitat che consente una dieta ricca di vitamina C, come quei pipistrelli e passeriformi che si nutrono di bacche e frutti mentre, come sappiamo, è una condizione che può essere pericolosa per l’uomo e per il porcellino d’india.

Ma allora perché questo difetto biochimico è stato selezionato nel corso dell’evoluzione umana?

I radicali liberi prodotti dalle normali reazioni biochimiche cellulari, soprattutto quelle che utilizzano l’ossigeno per produrre energia, sono particolarmente reattivi e se non bloccati adeguatamente dalle difese dell’organismo possono causare danni cellulari contribuendo all’invecchiamento e alla malattia; però questi stessi radicali liberi, generati dalle radiazioni ionizzanti del sole, iniziarono le reazioni chimiche che portarono all’apparizione delle prime rudimentali forme vita sulla Terra; successivamente, la loro capacità di causare mutazioni genetiche ha promosso la successiva evoluzione della vita originando i primi organismi unicellulari (le alghe azzurre) circa 2,6 miliardi di anni fa e le piante verdi e gli organismi multicellulari 1,3 miliardi di anni fa.

La vitamina C agisce principalmente come antiossidante e si ipotizza che quando milioni di anni fa gli Antropoidei persero la capacità di produrla i livelli di radicali liberi aumentarono (gli altri meccanismi fisiologici antiossidanti poterono compensare solo in parte il deficit di acido ascorbico) incrementando la frequenza delle mutazioni genetiche, alcune delle quali ereditabili, che sotto la spinta delle condizioni ambientali sarebbero state selezionate o meno, contribuendo ad accelerare l’evoluzione dei Primati e la comparsa di Homo sapiens.

Ci si domanda allora perché altri non-produttori di ascorbato non si sono evoluti così rapidamente come Homo sapiens: una risposta potrebbe essere che non hanno ancora avuto abbastanza tempo per farlo. E’ possibile che il difetto genetico che ha colpito la produzione di ascorbato sia accaduto casualmente, in momenti diversi relativamente recenti (evoluzionisticamente parlando) per le specie coinvolte; è quindi ragionevole ipotizzare che specie che non producono l’ascorbato, come il porcellino d’india, continueranno ad evolvere più rapidamente di quanto ci si aspetterebbe nei prossimi milioni di anni.

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Ciao ho una domanda,

comunemente si dice che devi dare un pezzo di peperone al giorno alle cavie. Cioè un botto di acido ascorbico.

Ma mi vien da fare un parallelismo con gli umani, cioè:

io penso di poter non assumere vitamina C per una settimana (non mangiando frutta e peperoni per una settimana), ma non mi viene scorbuto o altro.

Non è che alla mia cavia dò una sovradose di vitamina C?

p.s. in proporzione al pezzo di peperone che dò alle cavie, è come se io mangiassi più di un peperone al giorno (crudo!)

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Se dai il pezzetto di peperone non necessariamente dai "un botto" di vitamina C; considera però che l'altra verdura ha comunque un contenuto di vitamina, quindi anche senza il peperone (o altra verdura particolarmente ricca di vitamina C) si può supplire per un tempo piuttosto lungo, magari arrivando a una condizione di ipovitaminosi subclinica.

Noi siamo più fortunati perché non siamo erbivori, ma onnivori, quindi quello che non prendiamo dalla verdura riusciamo a prenderlo da altre fonti.

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Se dai il pezzetto di peperone non necessariamente dai "un botto" di vitamina C; considera però che l'altra verdura ha comunque un contenuto di vitamina, quindi anche senza il peperone (o altra verdura particolarmente ricca di vitamina C) si può supplire per un tempo piuttosto lungo, magari arrivando a una condizione di ipovitaminosi subclinica.

Noi siamo più fortunati perché non siamo erbivori, ma onnivori, quindi quello che non prendiamo dalla verdura riusciamo a prenderlo da altre fonti.

Grazie,

ma quindi posso dargli peperone qualche volta a settimana, invece che tutti i gg?

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Grazie,

ma quindi posso dargli peperone qualche volta a settimana, invece che tutti i gg?

L'importante è arrivare ad un bilancio giornaliero sufficiente di vitamina C; che tu lo ottenga inserendo il peperone, i cavoli, la rucola o in altro modo non è un problema.

Io invito sempre a fare una simulazione con il nostro calcolatore

per avere almeno un'idea di massima sul contenuto di un pasto-tipo.

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