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paolo

Cure palliative, terapia del dolore e hospice

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Ieri ho partecipato a un corso di aggiornamento sul tema della realizzazione degli hospice, strutture dedicate alle cure palliative e alla terapia del dolore in pazienti con patologie a prognosi infausta o altamente invalidanti e che non rispondono alle terapie convenzionali specifiche.

Per l'origine dei termini medicina palliativa e cure palliative dobbiamo scomodare San Martino: nel rigido inverno del 335 Martino, allora ufficiale dell'esercito romano in servizio nelle Gallie, incontrò un mendicante seminudo; mosso da compassione tagliò in due il suo mantello da legionario, il pallium, e lo condivise con il mendicante.

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Troppo spesso associamo questi termini come qualcosa per accompagnare alla fine il paziente: non è proprio vero, perché talvolta le cure palliative consentono al paziente di sopravvivere dignitosamente fino ad un esito positivo, per esempio un trapianto riuscito.

Nel corso della trattazione sono stati portati esempi di casi clinici, ovviamente nel nostro ambito riferiti a pazienti in età pediatrica.

Gli elementi ricorrenti erano la progressione della malattia di base, diagnosticata o incognita che fosse, accompagnata dalla difficoltà a compiere i gesti più normali e dal dolore, con ovvie ripercussioni sul comportamento, sulla socialità, sulla scolarità e con occasioni di ricovero sempre più frequenti.

L'impatto pesantissimo sulla famiglia, con i genitori spesso costretti a passare a lavori part-time o addirittura a lasciare il lavoro per assistere il figlio; la gestione degli altri figli, la stanchezza, il non vedere una soluzione, la disperazione, lo svilupparsi di patologie psico-fisiche anche tra i genitori e i fratelli o sorelle del paziente, la disgregazione di matrimoni.

Mentre ascoltavo queste relazioni ho improvvisamente focalizzato che quanto descritto, pur facendo le debite proporzioni, era quanto sperimentato da molti fra noi nella gestione delle nostre cavie e piccoli roditori in genere, malate.

Rivedevo esperienze anche recentissime di cavie per le quali non era chiara l'origine del disagio, la progressione dello stato di malattia, l'inefficacia delle terapie e dei rimedi tentati; l'assistenza prestata ai piccoli pazienti anche con assenze dal lavoro, la frustrazione a fronte dell'incapacità di guarirli, la rabbia verso chi ha permesso che accadesse questo o verso un veterinario forse non all'altezza.

Ma perché troppe volte leggiamo in Forum di situazioni analoghe? Una volta di più mi sono reso conto di quanto poco si sappia della fisiologia e patologia di questi nostri piccoli amici a fronte dell'impiego che è stato ed è tuttora importante nella sperimentazione medica, biologica e farmaceutica.

Una volta che la cavia si ammali un po' seriamente è realmente molto difficile riuscire ad ottenere una guarigione.

Leggiamo che il proprietario accudisce la bestiola, la porta dal veterinario, segue la terapia prescritta, cerca consigli su come sostenere al meglio il paziente anche con terapie alternative o non convenzionali per stimolare l'appetito, favorire la ripresa, alleviare il dolore. Si fa il possibile per tenerlo a casa, piuttosto che lasciarlo presso il veterinario, per evitargli un ulteriore stress in un momento così critico e quando i rimedi sono ormai inefficaci lo si accompagna con parole dolci e carezze per rendere più lieve il passaggio verso il Ponte.

Ora, io non credo che tutti quelli che hanno scritto la loro esperienza con cavie malate siano al corrente di termini quali cure palliative, terapia del dolore e hospice, ma hanno comunque inconsapevolmente adottato tutti i mezzi nelle loro possibilità per assistere al meglio i piccoli pazienti e questo è possibile solo quando si è guidati dall'Amore.

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Molto bello e molto interessante Paolo questo paragone che ci proponi.

Forse a volte siamo restii noi, i veterinari, ad usare termini che associamo per l'appunto a situazioni legate all'ambito umano, a descrivere ciò che facciamo verso i nostri amici caviosi.

In effetti invece molti di noi fanno o hanno fatto proprio questo cercando di curare il proprio pets: creare attorno ad una situazione non facile ( non è mai semplice prendersi cura di una bestiola ammalata, anche fossero solo parassiti!!) un ambiente quanto più "umano" dolce, sereno pur non rinunciando a provare fino in fondo ad ottenere il miglior risultato.

Io penso che ogni vita vada rispettata, umana o animale. Dal momento che esiste va protetta, curata, amata con i mezzi e i modi e le forze che ci è dati avere.

Lasciare una vita, umana o animale, allo stato di abbandono perché tanto non ci si fa nulla, è tremendamente bestiale. La sofferenza fa parte della vita, di ogni vita, mentre molti pensano che gli animali non soffrono o addirittura non provano dolore fisico...beata ignoranza!!

Quando ultimamente ero molto presa dalle cure per il mio Gianni, attorno mi son sentita dire cose del tipo: " Gli animali, quando sentono che è per loro vicina la fine, vogliono stare soli, si allontanano dal padrone...." Per me enorme c.....a!! Io credo che un animale che soffre non voglia mai essere abbandonato e credo che ogni vita, seppur alla fine dei suoi giorni terreni, preferirebbe avere accanto l'amore e non lasciata nella solitudine.

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Oggi, 11 novembre, è il giorno di San Martino.

Una nota di colore in aggiunta a quanto scritto in precedenza.

Nell'iconografia tradizionale San Martino è raffigurato a cavallo nell'uniforme di soldato romano, mentre taglia il suo mantello rosso per offrirne una parte al mendicante; nella realtà il mantello delle scholae imperiali, la cavalleria d'elite alla quale apparteneva Martino, era bianco. Evidentemente nelle immagini il rosso rende di più!

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Oggi, 11 novembre, è il giorno di San Martino.

Una nota di colore in aggiunta a quanto scritto in precedenza.

Nell'iconografia tradizionale San Martino è raffigurato a cavallo nell'uniforme di soldato romano, mentre taglia il suo mantello rosso per offrirne una parte al mendicante; nella realtà il mantello delle scholae imperiali, la cavalleria d'elite alla quale apparteneva Martino, era bianco. Evidentemente nelle immagini il rosso rende di più!

Grazie Paolo d'avercelo ricordato!!

Buon San Martino a tutti!!

In un paese a me vicino, la bellissima Santarcangelo di Romagna, S.Martino è il patrono e si festeggia da ieri sera per tutto il week-end....

Il colore rosso del mantello è sicuramente legato ad un'iconografia religiosa e di devozione dove il rosso è il colore del sacrificio: sacrifica il manto per donarlo al mendicante, la carità. In questo caso siccome contempliamo un'immagine religiosa viene messo in secondo piano il lato sociale/politico di appartenenza ed evidenziato il gesto del "cavaliere Santo".

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Il colore rosso del mantello è sicuramente legato ad un'iconografia religiosa e di devozione dove il rosso è il colore del sacrificio: sacrifica il manto per donarlo al mendicante, la carità. In questo caso siccome contempliamo un'immagine religiosa viene messo in secondo piano il lato sociale/politico di appartenenza ed evidenziato il gesto del "cavaliere Santo".

:D

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